Riporto integralmente quanto scritto da Roberto Gigliucci e pubblicato su GayNews:
Boris in realtà è vivo e vegeto (come del resto l'Anna degli Uberti che Montale trasforma nella defunta Arletta), ma diventa, slontanato nella memoria, come un giovinetto in un bassorilievo sepolcrale, ancorché carico di tranquillità vitale. Si tratta di quella sorta di vendetta nevrotica e maligna e coatta che Montale cova e realizza nei confronti delle figure umane che non rimangono a terra, come lui, ma che si lanciano nell'abbraccio alla vita, nel tuffo in mare (come Esterina) o nella piroetta verso il cielo (come il ballerino Kniaseff). Montale le vuole morte, le immagina e le riformula poeticamente nell'aldilà, portatrici di un richiamo evanescente e immateriale, al limite quasi svanite, perché d'altra parte, per tutti, svanire è la ventura delle venture…
Fin qui il mio tema di maturità. Mi sono messo a scrivere due righe sulla lirica di Montale che oggi è uscita come "Tipologia A - Analisi del testo» per gli esami di maturità 2008, mosso da invidia per chi è giovane e trepido in questi giorni caldi di esami, mentre ormai io mi trovo dall'altra parte della barricata, ovvero esaminante e non esaminato, all'Università.
Poi però mi ritrovo fra le mani i suggerimenti ministeriali per l'estensione del tema, la voce ufficiale della Pubblica Istruzione che accompagna amorevolmente i maturandi nel difficile penso. E non trovo alcuna traccia informativa del dedicatario della poesia, Boris Kniaseff. Trovo invece numerosi riferimenti a una «figura femminile", che svolgerebbe un "ruolo salvifico e consolatorio". Una donna, insomma, la solita donna montaliana della salvezza che sta in tutti i libri di testo (ma chi poi? Clizia? Ma se siamo ancora nel '23? E poi Clizia non può neanche salvare se stessa!).
Una donna? Al posto di un maschio, un ballerino: al posto di Boris, nome che di femminile ha ben poco. La mia prima reazione è un misto di sdegno e ilarità. Diciamo che reagisco per un attimo filantropicamente: è umano errare, siamo tutti soggetti all'errore, certo questo è un errore madornale e per di più "ufficiale". Poi però subentra una reazione misantropica: chi ha redatto la traccia analitica per gli studenti non ha neppure notato l'aggettivo maschile "lontano"? Sta in fine di verso, in aggetto, come si dice, quindi ben visibile. L'hanno scambiato per avverbio di luogo? Eh sì, certo che sì, ma quale senso ne emerge? Nessuno. E poi nella breve nota biografica c'è scritto che Montale subì una "iniziale influenza dell'Ermetismo". Anche questa una favola anti-storica, direi.
Alla fine mi stufo di fare il filologo degli abbagli ministeriali e mi incazzo. Possibile che chi ha scritto quelle cose non si sia andato a guardare almeno un'edizione commentata degli Ossi? Ne abbiamo una ottima, pubblicata negli Oscar Mondadori, curata da Pietro Cataldi e Floriana D'Amely, uscita nel 2003. Bastava cercare lì, non c'era bisogno di interrogare l'opulenta bibliografia montaliana.
Certo, gli altri temi proposti sono intelligenti e suggestivi, corredati da testi e immagini (il meraviglioso Galata morente!) scelti con cura e sensibilità. E allora cosa se ne conclude? Che la cultura letteraria in Italia è ormai al lumicino, che la cosiddetta "italianistica" è l'ultima delle discipline, quella più accessoria e quasi inutile, tanto da non meritare il minimo sforzo da parte di chi ci lavora professionalmente, che la poesia è una serva sciocca e clandestina ormai da licenziare o al limite da confinare in un angoletto di semi-ignoranza?
E poi una considerazione fra lo sconsolato e il disgustato. Possibile che in questo paese codino, omofobo e vetero-etero familista anche i colti responsabili dell'istruzione pubblica pensino che una poesia di un maschio debba essere necessariamente fatalmente rivolta a una femmina? Non dico certo che Ripenso il tuo sorriso faccia di Montale un gay latente, sarebbe quanto meno discutibile (ma per molti critici non sarebbe impossibile), tuttavia resta indubbio che un artista è attraversato da multiple identità, privilegio della creazione, ed è per questo che uno scrittore rappresenta al massimo l'umano proprio nella sua apertura totale all'umano. Ecco allora che Eugenio ripensa a Boris come ripensa ad Annetta-Arletta, tutti insieme in un universo di interrogazioni inquiete, disperate, un universo di unanswered questions.
Ecco quello che bisognava insegnare ai giovani maturandi. Che comunque son giovani, beati loro, maschi e femmine, schietti, limpidi e levigati come la cima d'una giovinetta palma.
giovedì 19 giugno 2008
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Personalmente ho affrontato il saggio breve su "Lo straniero" (quello del Galata Morente per interderci..) ma cmq trovo che sia un vero schifo che al vertice di un ministero si facciano questi errori aberranti.
RispondiEliminaps:anche nella versione di greco c'era un errore..
A quanto pare ce ne sono stati anche parecchi nella traccia d'inglese. Bah, che dire....
RispondiEliminaA proposito: In bocca al lupo per l'orale!!! :-PP